Sciùr marescià! Quello lì ammassa la jente! Quello con la vectra, ammassa me, ammassa te, ammassa tutti! (Anonimo)
giovedì, luglio 12, 2007
Syd Barrett - Un anno dalla morte


11 luglio 2006: si diffonde la notizia della morte di Roger Keith Barrett, in arte Syd, geniale e pittoresco leader dei primi Pink Floyd. Aveva sessant’anni. Era stato estromesso dal gruppo molti anni prima, nel 1968, e sostituito alla chitarra da chi oggi lo ricorda come “un caro amico”, quel David Gilmour che avrebbe cantato, nel 1975, una celebre canzone per un’artista oramai perso nelle pieghe della propria mente, Wish You Were Here, appaiata all’altrettanto celebre Shine On You Crazy Diamond.

Barrett era da tempo inavvicinabile: malato di diabete, devastato dalle droghe (soprattutto da un antidepressivo, il Mandrax, consumato abbondantemente in gioventù), non ricordava quasi nulla del suo passato. Viveva a Cambridge, da solo, dopo la morte delle madre, accudito da una paziente sorella e secondo molti in uno stato di catatonia perenne. Le ultime foto, scatti rubati fra la folla, lo ritraevano malamente ingrassato e calvo. Della sua morte la famiglia non ha lasciato trapelare nessun particolare, al punto che gli stessi Pink Floyd non sono riusciti ad avere notizie precise, nemmeno sulla data esatta della scomparsa. La sua casa, diventata subito un cimelio, è stata venduta a un appassionato pochi mesi dopo.

“Syd Barrett era un creativo puro”: così lo ricorda Paul McCartney; “animatore della scena psichedelica, di tutto ciò che era colorato e lontano dal luogo comune”. Avrebbe voluto soltanto dipingere, e invece, dal 1965 si trovò a capeggiare un gruppo di sperimentatori, non bravissimi, all’epoca, tecnicamente, ma capaci di dare alla musica un tono nuovo. L’album d’esordio dei Pink Floyd con Barrett, The Piper At The Gates Of Dawn (1967), ha cambiato l’idea di pop che si aveva in quel momento: canzoni tra la fiaba e l’incubo, suite cosmico-elettriche (Interstellar Overdrive, Astronomy Dominé), show in cui luci e suoni si mescolavano inestricabilmente nei locali più floreali di Londra. Catapultati in cima alle classifiche anche con un brano che parlava di travestitismo (Arnold Layne), i tre compagni di Barrett (Roger Waters, Richard Wright, Nick Mason), ressero bene l’urto, mentre lui finì totalmente schiacciato dalla macchina dello show-business.

Con inevitabile cinismo, venne sostituito dagli altri alla vigilia del secondo disco (A Saucerful Of Secrets, 1968), che non reca quasi più nessuna traccia di lui (solo Jugband Blues), e inaugura una stagione molto diversa per i Floyd, fatta di perfezionismo crescente e di apprezzamenti globali, fino alla gloria di Dark Side Of The Moon (1973), il disco più venduto della storia del rock.

Ai margini, Barrett pubblicò ancora un paio di album (The Madcap Laughs e Barrett, 1970), con il colpevole aiuto dei vecchi compagni (Gilmour soprattutto), per lasciare un testamento che avrebbe dato frutti notevolissimi per il rock inventivo del futuro. Da Robyn Hitchcock (un vero e proprio alter ego) agli XTC, in moltissimi hanno citato fra gli influssi più importanti questo sfortunato artista, riemerso durante le incisioni dell’album Wish You Were Here (il suo leggendario saluto alla band del 1975, in studio, oramai irriconoscibile, sta nella mitologia del rock), dopo diversi ricoveri e un paio di tentativi di ritorno sulle scene, mai portati a buon fine. Un diamante che bruciava troppo per durare.

Per chi vuole rivivere la storia incredibile della sua creatività e della sua autodistruzione, Arcana ha appena ripubblicato Il viaggio psichedelico di Syd Barrett, illuminante biografia di Mike Watkinson e Pete Anderson. A settembre, poi, uscirà una ristampa su tre cd di The Piper At The Gates Of Dawn: tutto quello che volevate sentire di questo disco e non avete mai osato chiedere.

 
posted by Molok at 09:00 | Permalink |


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